ETÀ TARDOANTICA E ALTOMEDIEVALE

(III sec. d.C. – X sec. d.C.) ETÀ TARDOANTICA E ALTOMEDIEVALE

Il nuovo assetto istituzionale, imposto da Diocleziano (284-305), da Costantino (306-337) e da i loro successori, comportò la divisione dell’impero in prefetture, diocesi e province, queste ultime affidate a correttori prima, a consolari poi, nominati direttamente dall’imperatore con l’incarico di verificare l’equità delle imposte riscosse e garantire gli interessi delle comunità cittadine. La Puglia, maggior granaio d’Italia e sede dell’attivissimo porto di Brindisi, divenne la Provincia Apulia et Calabria (anticamente la Calabria indicava l’attuale Salento); come centro dell’amministrazione imperiale periferica e residenza del governatore provinciale, la scelta ricadde inevitabilmente su Canosa, posta sugli assi stradali più importanti. Del resto, il prestigio della città, già celebrato durante l’alto impero, è confermato dalla tavola bronzea dei decurioni (223 d.C.) che cita un copioso elenco di patroni di rango senatorio, compresi i prefetti del pretorio e dell’Urbe. L’imponente rinnovamento, pur non raggiungendo i risultati sperati, contribuì a rendere all’impero parte del perduto vigore e coincise con l’espandersi e il definitivo affermarsi del cristianesimo. Nella carenza di fonti a riguardo e al di là della suggestiva ipotesi fornita dalla storiografia locale, circa l’istituzione dell’episcopato ad opera dell’apostolo Pietro, nella prima metà del I sec. d.C. è verosimile che a Canosa, i Cristiani, abbiano dato vita a una comunità organizzata, solo a partire dal II sec. d.C. e che questa sia stata elevata a diocesi all’inizio del secolo successivo.

Parallelamente alla supremazia politico-istituzionale che, per la concentrazione di servizi e interessi collegati all’intera regione, comportò trasformazioni sul piano urbanistico, la capacità e l’attivismo dei suoi vescovi, tenuti in gran considerazione dal Vaticano e chiamati a partecipare a importanti concili e missioni, sia a Roma che nella parte orientale dell’impero, favorì il sorgere di superbi luoghi di culto e di articolati spazi per i defunti. Questa felice situazione raggiunse l’apice sotto l’episcopato di Sabino (514-566), il quale, per l’abbondanza di atti conciliari, di epistole papali e soprattutto per i Dialogi di papa Gregorio Magno (590-566) e una biografia anonima dell’VIII-IX sec. – fonti nelle quali è ricordato come restaurator ecclesiarum – oltre che per l’intensa venerazione di cui fu oggetto dopo la morte, può essere considerato il maggior personaggio storico-religioso dell’alto medioevo pugliese.

La morte del grande vescovo, che privò queste terre di una guida spirituale e civile, l’inizio delle incursioni longobarde unite alle continue scorrerie bizantine, su un territorio a lungo e duramente conteso tra le due fazioni – l’acropoli canosina posta su un eccellente posizione strategica, a controllo dell’intera basse valle dell’Ofanto, fu oggetto di incastellamento, probabilmente già dalla guerra greco-gotica (535-553) – portò alla crisi dell’organizzazione sociale e religiosa di Canosa, su cui, significativamente, cala il silenzio delle fonti.

È solo sul finire del VII sec., con la definitiva conquista longobarda della Puglia centro-settentrionale, che la città ritorna a vivere. Diversi, per portata e per scansione temporale, furono i fattori che, da quel momento, ne alimentarono la ripresa: il ripristino della viabilità sulla Via Traiana ricollegò Canosa a Benevento, adesso capitale di un regno; la conversione dei Longobardi al cattolicesimo permise l’uscita del ducato dall’isolamento politico e il riassetto delle antiche diocesi; infine, tra il VII e l’VIII sec., la scelta di Canosa come sede di gastaldo – un funzionario di nomina ducale con giurisdizione su un territorio che arrivò a comprendere l’intera Terra di Bari – le restituì quell’importanza già esercitata in età tardo antica. La politica riformista avviata dal nuovo princeps gentis longobardorum, Arechi II (758-787), investì tutto il principato di nuova vitalità, visibilmente confluita nel rinnovato fervore religioso e nel restauro delle antiche chiese, compresa la cattedrale di Canosa, dedicata ai Santi Giovanni e Paolo.

Purtroppo l’ingerenza dei nuovi conquistatori franchi (774) e i contrasti interni al principato, esaurirono la renovatio e per Canosa cominciò una lenta decadenza; a tutto vantaggio di Bari, che, intorno alla fine del VIII sec., divenne sede di gastaldo e cominciò ad essere uno scalo obbligato sulle rotte commerciali più importanti; inoltre, la sua diocesi, dopo l’unione con quella canosina, acquistò prestigio e onori. Il colpo di grazia giunse con le devastazioni dei Saraceni che tra l’847 e l’871 ebbero un proprio emirato con capitale pure a Bari. La decadenza fu anche religiosa, perchè Pietro II, primo arcivescovo di Canosa, temendo il peggio, si rifugiò dal Duca di Salerno, Grimoaldo IV, con cui era imparentato. I territori pugliesi, caduti nelle mani dei Franchi, furono riconquistati, qualche anno dopo (876), per l’ennesima volta, dai Bizantini; ma l’opprimente fiscalismo di questi ultimi alimentò il già diffuso malcontento popolare finendo col favorire un nuovo ordine politico, dal quale Bisanzio sarà definitivamente esclusa.